Distinguere una notizia da un paracarro

Una vecchia intervista sulla preistoria del giornalismo online, quando non c’era neppure Google

Mario Tedeschini-Lalli
5 min readNov 7, 2023
Sezione “Giornali e giornalismo” di Il Ducato, sito dell’Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino, primavera 1998 (Fonte: Internet Archive Wayback Machine: https://archive.org/web/)

Sono un antico giornalista digitale, come ho scritto tempo fa su qualche bio. Antico perché da sette anni ormai sono in pensione e non me ne occupo più, se non come occasionale osservatore; ancor più antico perché ho cominciato con la “preistoria” dei tentativi professionali di fare i conti con il mondo digitale — ma proprio come “antico giornalista digitale” sono a volte interpellato. Questa settimana ad esempio tornerò all’Istituto per la formazione al Giornalismo (IFG) di Urbino per una specie di “come eravamo”, per raccontare a giovani colleghi che allora non erano neppure nati quello che facevamo sul web alla fine degli anni Novanta (e fare insieme qualche riflessione sull’attualità e sul futuro).

Nel preparare l’intervento, sono andato a cercare le prime pagine web dell’IFG, messe online nel 1998, e ho trovato pubblicata una intervista a me medesimo (in evidente conflitto d’interessi, come si vedrà, una decisione dell’allora direttore della scuola Silvano Rizza), intitolata: “Repubblica.it, un giornale per lettori al quadrato”, pubblicata il 13 maggio 1998.

La struttura html del sito, costruito a mano pochi mesi prima dagli allievi con il sistema delle “finestre”, consente solo un link decontestualizzato. Ripubblico il testo qui come — appunto — reperto archeologico, a documentazione di ciò che pensavamo e immaginavamo agli albori del web giornalistico in Italia. Per datare l’antichità del reperto, si tenga presente che al momento della pubblicazione non esisteva ancora Google, che come società sarebbe stata fondata solo nel settembre successivo.

Prima, però, un po’ di contesto

All’inizio degli anni Novanta lavoravo alla sezione Esteri di Repubblica e tenevo un piccolo corso di Affari internazionali all’IFG di Urbino, fondato poco prima dallo straordinario maestro di Giornalismo che era Silvano Rizza. Dal’estate del 1997 ero però passato a guidare la piccola redazione creata dal giornale per alimentare e gestire il neonato sito web, Repubblica.it, che era andato permanentemente online a gennaio di quell’anno, grazie agli sforzi visionari di Vittorio Zambardino, Ernesto Assante e Gualtiero Peirce. Proposi, dunque, di organizzare “qualcosa web” anche a Urbino e Rizza accettò, anche se a lungo dovemmo ritagliare il tempo dagli altri impegni didattici.

Era il 1998, l’ultimo anno del biennio 1996–98, e il sito nacque con il lavoro materiale di molti allievi, alcuni dei quali sono ora al vertice di importanti redazioni nazionali. Perché non fosse semplicemente un sito-vetrina, decidemmo di dotarlo di una sezione di informazione “specialistica” sul giornalismo e i media, core business per così dire della scuola, una sezione che Rizza volle intitolare “Le ricerche”. Cominciammo, invece, a fare proprio del giornalismo sul giornalismo. La relativa pagina si intitolava “Giornali e giornalismo”. Quell’anno pubblicammo una ventina di notizie e di servizi (si noterà che i primi dieci, fino a marzo, non erano neppure datati!), tra questi, comparve l’intervista che qui ripubblico.

[Aggiungo le virgolette alle risposte e i neretti dei nomi, mancanti nell’originale].

Repubblica.it, un giornale per lettori al quadrato

A rompere gli indugi è stata La Repubblica. Prima, nessun grande quotidiano “generalista” aveva deciso di scommettere seriamente su internet. I risultati si vedono: Repubblica.it non solo è il giornale on line più seguito, ma anche uno dei siti italiani con più contatti. “Al netto dei siti porno, ovviamente”, precisa Mario Tedeschini Lalli, caposervizio e responsabile della testata che è diretta da Vittorio Zucconi e composta da due giornalisti professionisti, due praticanti, sei “accatiemmelisti” (operatori informatici), una segretaria di redazione. La prima domanda a Mario Tedeschini Lalli, romano, 45 anni, ex redattore degli esteri di Repubblica, riguarda la possibilità che il suo giornale telematico conquisti lettori nuovi che attualmente sono poco attratti dalla carta stampata.

“Noi siamo un giornale a tutti gli effetti. A differenza dei giornali di carta noi diamo le notizie e i servizi a getto continuo e a differenza della radio offriamo spazi di approfondimento, di interattività e documentazione. I nostri lettori sono gli stessi che leggono i giornali la mattina e poi vogliono degli approfondimenti, sapere cos’è successo nel frattempo”.

Qual è l’identikit del lettore di Repubblica.it?

“Non ne abbiamo uno preciso. Non ci sono stati studi a questo proposito ma solo delle deduzioni fatte guardando la posta che ci arriva: ci sembra una specie di lettore di Repubblica al quadrato. Un lettore colto che si sente molto parte della famiglia di Repubblica e che ne segue i temi tipici. Ha una cultura medio-superiore e si collega con noi sul luogo di lavoro. Subito prima degli orari di ufficio, subito dopo o nella pausa”.

Avete dati sui contatti?

“Li abbiamo ma non amiamo darli in maniera dettagliata. Siamo in crescita esponenziale. Sappiamo molto sui picchi orari, verso le 9, le 17–18. Abbiamo più che raddoppiato gli accessi da prima di Natale a oggi”.

Quali sono in Italia le prospettive del giornalismo on line?

“In Italia il mercato di internet sta sbocciando appena adesso. E sta crescendo mentre ci parliamo. Oltre a noi, però, unico giornale generalista completo, con una redazione ad hoc e contenuti autonomi ci sono i giornali specializzati come la Gazzetta dello sport e il Sole 24 ore che fanno qualcosa di simile. E quasi nient’altro”.

Il giornalismo on line dovrà puntare sugli esteri?

“E perché? Gli esteri non hanno mai dato da mangiare a nessuno, in Italia, purtroppo. Che il settore possa essere trainante per un mezzo di comunicazione ho i miei sinceri dubbi”.

Come cambierà internet la professione?

“Se ne discute molto. Io credo che la cambierà meno di quanto si sostenga, se si intende la professione nel modo giusto, come e ricerca e verifica delle notizie. Internet la semplifica perché mette a disposizione una serie di fonti nuove, specie di tipo giornalistico, ma la complica perché quelle fonti vanno poi verificate. Naturalmente porta a compimento un processo già cominciato con le tv via satellite, le news e le agenzie di stampa 24 ore su 24: il giornalista in redazione è, sul piano delle informazioni in senso stretto, molto più informato di qualsiasi inviato e questo impone di riconsiderare il rapporto fra la testata e il lavoro che devono fare i giornalisti sul campo”.

Che tipo di capacità bisogna acquisire per diventare un buon giornalista on line?

“Nessuna di tipo particolare. La formazione di qualsiasi giornalista è uguale per qualsiasi mezzo. Bisogna imparare, semplicemente, a distinguere una notizia da un paracarri. Gli aspetti tecnici si imparano facilmente”.

Chi avrà domani il controllo del giornalismo on line? I content provider premono perché vogliono gestire i contenuti dei giornali on line facendo impropriamente da editori.

“Il mezzo sta portando a una commistione di strumenti per cui il giornalismo stampato, il giornalismo radiotv, audio video, fotografico, di servizio, di notizia o di inchiesta tendono a unificarsi. Anche i motori di ricerca si stanno trasformando e offrono qualcosa di più, servizi nuovi. Ci sono dei problemi e delle leggi che consentono ai padroni di avere una o più testate e con il web si tratterà di riconsiderare il problema delle concentrazioni ma, insomma, non credo che il problema del controllo sia oggi così fondamentale”.

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Mario Tedeschini-Lalli

Antico giornalista. Consulente di editoria digitale. Docente di Giornalismo digitale. Studioso di Storia contemporanea. Blog (2003/18): http://bit.ly/blogmario