Palazzo Marino, Milano, 9 marzo 2016 — Foto Tedeschini Lalli

Ecco di chi era il volto della Repubblica italiana

Successo del “crowdsourcing intorno a un sorriso”. La storia di una donna vera dietro una foto simbolo

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di Giorgio Lonardi e Mario Tedeschini Lalli

Ancora poche settimane fa, l’8 marzo, per celebrare 40 anni dell’ingresso della prima donna nel corpo della polizia locale - la prima donna “ghisa” - e insieme i 70 anni del voto alle donne, il Comune di Milano ha installato davanti al municipio un pannello con una celebre fotografia: la ragazza sorridente che sbuca dalla pagina del Corriere della Sera il giorno della proclamazione della Repubblica, nel giugno 1946.

E’ stato così per anni, per decenni. La foto di Federico Patellani è stata utilizzata per illustrare articoli e libri, mostre e manifestazioni politiche e le occasioni si moltiplicheranno avvicinandoci alle celebrazione del 70° anniversario del referendum del 2 giugno 1946: una foto-icona, una splendida ed anonima donna chiamata a impersonare la gioventù e la speranza di un Paese che guardava avanti dopo il fascismo e la guerra.

Oggi, a tanti anni di distanza, lo splendore di quel sorriso resta, il significato di quello scatto anche, ma l’anonimato non c’è più: quel simbolo ha un nome e un cognome e una storia che proponiamo alla vigilia delle celebrazioni del 25 aprile.

L’anno scorso ci eravamo chiesti “Ma chi era il volto della Repubblica italiana?”, come andò che questa giovane donna si ritrovasse a posare per uno dei più celebri fotogiornalisti italiani (anzi quello che il “fotogiornalismo” in Italia praticamente lo inventò)? Patellani è morto nel 1977 e non ha raccontato nulla, suo figlio Aldo non ne aveva idea: “Probabilmente — ci disse — una modella cui aveva chiesto di posare”.

Ma no, non era una modella — e la sua storia, scopriremo, è intrecciata in molti modi con quella del giornalismo italiano.

La foto fu pubblicata per la prima volta il 15 giugno del 1946 sulla copertinavolta sulla copertina del settimanale Tempo, fondato nel 1939 da Alberto Mondadori sull’esempio dell’americano Life e riportato in edicola da Arturo Tofanelli all’inizio del ‘46. Federico Patellani, che aveva già collaborato con Mondadori e da quella esperienza nel ’43 aveva tratto il suo manifesto del fotogiornalismo “Il giornalista nuova formula”, lavorava a tempo pieno nella redazione.

Numeri 20, 21 e 22 di “Tempo”, giugno 1946 — Foto Tedeschini Lalli

Il settimanale applicava con fortuna la formula, poi comune nel giornalismo italiano, di unire “l’alto” delle cronache politiche e sociali, al “basso” della cronaca di costume e nei mesi precedenti aveva parlato pochissimo del referendum monarchia/repubblica. Solo alla immediata vigilia del voto, nel numero datato 1–8 giugno, comparve in copertina una “ragazza repubblicana” con un’edera appuntata sul golfino e un editoriale di Tofanelli si schierò nettamente per la repubblica: “E’ l’avvenire di tutti: è la speranza, laddove la Monarchia è il dubbio, la paura”. Ancora una settimana di incertezza (sulla copertina del numero 8–15 giugno c’è la foto di una ragazza qualsiasi e il titolo “Chi ha vinto?”), e finalmente arriva in edicola la famosa copertina con la testa della ragazza sorridente che sbuca dal giornale, con l’esplicito titolo “Rinasce l’Italia”.

Per ottenere l’immagine che durerà 70 anni Federico Patellani aveva fatto scattare 41 volte la sua Leica, come si vede dai provini a contatto conservati nell’archivio di Patellani presso il Museo della Fotografia contemporanea di Cinisello Balsamo.

Fogli 1124 e 1125 degli album dei provini a contatto creati da Federico Patellani e conservati presso il Museo di Fotografia contemporanea. © Studio Patellani courtesy Regione lombardia / Museo di Fotografia Contemporanea

Alcune immagini ritraggono la donna davanti a un muro coperto di manifesti; in altre legge il giornale; in altre ancora una mano impugna il quotidiano mentre l’altra è sollevata in segno di gioia. Infine la serie con “l’idea”: il giornale bucato dal quale “rinasce l’Italia”. Fino ad oggi, tuttavia, non si sapeva dove fossero state scattate le foto, né specialmente chi fosse la donna col vestito di cotonina stampato e un piccolissimo orologio al polso.

All’inizio del 2016, molti mesi dopo la pubblicazione, qualcuno ha letto su Medium il pezzo che invitava a collaborare per risolvere il mistero e ci ha scritto una mail:

Finalmente trovo il tempo affinché sia dato giusto onore alla figura sorridente che con il suo volto giovane sbuca dalla pagina del corriere della sera dal lontano 1946. Ho letto il suo articolo/intervista (…)Vorrei collaborare e rendermi utile nel dirle che quel volto ha un nome…

Anna Iberti, futura moglie di Franco Nasi, uno dei primi giornalisti del Giorno.

La nostra fonte chiedeva di mantenere l’anonimato e comunque non aveva notizie recenti, è stato perciò necessario scavare un po’ per arrivare alla famiglia e trovare conferma: libri, vecchie annate di giornali, annunci di nozze e necrologi in cerca di nomi e di fonti, poi colloqui con una catena di persone cortesissime che ci hanno fatto arrivare alle due figlie, alla conferma della informazione — e alla notizia che Anna è mancata nel 1997.

Gabriella Nasi vive ancora nell’appartamento dei genitori in un quartiere semicentrale di Milano, dove custodisce poche stampe del famoso servizio fotografico, qualche giornale con la riproduzione dell’immagine più nota e album di ricordi famigliari. “Quasi, quasi mi spiace che diventi pubblica questa cosa che per tanti anni è rimasta in famiglia ”, dice sorridendo. “La mamma era un tipo molto riservato”, conferma la sorella Manuela: “Parlava poco di questa cosa”.

Nel giugno 1946 Anna Iberti aveva 24 anni e non era ancora sposata. Dopo le magistrali aveva insegnato brevemente e in quel momento lavorava come impiegata nell’amministrazione del quotidiano socialista Avanti!. Il padre Alberto, caporeparto in una delle fabbriche automobilistiche milanesi (le nipoti non ricordano se l’Alfa Romeo o la Isotta Fraschini) era un vecchio socialista. In diversi ambienti negli anni scorsi si era diffusa la voce che la ragazza della foto fosse stata una giovane partigiana, ma le figlie lo escludono: “Non era il tipo”, dicono, anche se per tutta la vita la signora Anna mantenne un forte interesse sociale, impegnandosi ad esempio come volontaria per i progetti del CAM, il Centro ausiliario per i problemi minorili.

Franco Nasi aveva la stessa età di Anna e anche lui probabilmente lavorava al quotidiano socialista al momento del referendum. Ma di lì a sei mesi, nel gennaio 1947, la corrente socialdemocratica si staccò dalla maggioranza PSI, allora alleata con i comunisti, la redazione dell’Avanti! si divise dando vita alla Umanità, organo del nuovo partito. Anche Anna Iberti passò a lavorare all’Umanità, e Nasi ne diventerà il capocronista.

Dal Corriere della Sera del 1 luglio 1949

Si sarebbero sposati nel giugno 1949, accompagnati da trafiletti augurali di tutta la stampa milanese, senza distinzioni politiche (nell’album di famiglia sono conservati ritagli dell’Umanità, dell’Avanti!, dell’Unità e del Popolo; ma anche di Corriere della Sera, L’Italia, Il Tempo di Milano, Milano Sera e MilanInter…). Testimoni di nozze alcuni dei più noti giornalisti del dopoguerra, come Paolo Murialdi e Mino Monicelli, anche loro all’epoca all’Umanità. Negli anni successivi Franco Nasi avrebbe lavorato, fra le altre testate, per il Corriere della Sera, poi a lungo e in due riprese per il Giorno, come inviato della Stampa e vicedirettore della Domenica del Corriere. Anna, invece, lascerà presto il lavoro, per vivere una vita di madre di famiglia e di forte impegno sociale.

Pur non raccontando molto della sua esperienza di “modella”, Anna Nasi “era orgogliosa di quella storia lì”, ricordano gli amici che la frequentarono molti anni dopo. Un giorno, negli ultimi tempi, passando davanti a un’edicola che riproponeva per l’ennesima volta la vecchia foto su qualche copertina, fece notare alla figlia che la repubblica italiana appariva messa male rispetto alle speranze di tanti anni prima — “Come me, del resto”, aggiunse con un sorriso.

Anna Iberti Nasi in uno scatto del servizio del giugno 1946 (© Studio Patellani courtesy Regione lombardia / Museo di Fotografia Contemporanea) e molti anni dopo, ormai nonna (courtesy famiglia Nasi)

Non si sa esattamente come Patellani sia arrivato a chiedere ad Anna Iberti di posare per la foto del referendum. Aldo Patellani, che all’epoca aveva otto anni e che collaborerà strettamente con il padre negli anni ’50 e ’60, non ricorda alcuna particolare frequentazione tra le due famiglie ed è particolarmente sorpreso della circostanza, tanto più che aveva frequentato Franco Nasi professionalmente all’epoca della Domenica del Corriere.

Un unico dettaglio relativo alla fotografia emerge dagli scarni racconti che Anna fece alle figlie, e cioè che il servizio fu effettuato «sulla terrazza dell’Avanti! ».

Dettaglio del foglio 1124 degli album dei provini a contatto di Federico Patellani, e conservati presso il Museo di Fotografia contemporanea. © Studio Patellani courtesy Regione lombardia / Museo di Fotografia Contemporanea

Molte immagini del servizio mostrano in realtà manifesti e giornali murali, sono state dunque realizzate per le strade di Milano. In una di quelle riprese dal basso in alto, tuttavia, si scorge sulla destra il tetto di un edificio: sì le foto più note della serie sono state fatte su una terrazza.

All’epoca l’indirizzo ufficiale della redazione milanese dell’Avanti! era via Senato 38, l’entrata laterale del celebre “Palazzo dei giornali” di piazza Cavour. Inaugurato da Mussolini nel 1942 come sede del Popolo d’Italia, nel dopoguerra ospiterà a lungo gli uffici di tutte le più importanti testate nazionali e internazionali. Fu dunque sul tetto di questo edificio simbolo del giornalismo italiano e milanese che fu scattata la foto simbolo della nuova Italia repubblicana.

La redazione di Tempo era altrove, nella vicina via della Spiga, ma Patellani evidentemente aveva amici e colleghi in altre testate e qualcuno di questi potrebbe avergli fatto conoscere Anna. Ci piace immaginare che possa essere stato Paolo Murialdi, testimone delle nozze Iberti-Nasi, che proprio nel 1946 cominciò a lavorare all’Avanti! e a collaborare con Tempo. Murialdi, che negli anni Cinquanta parteciperà con Nasi all’avventura del Giorno, sarà poi celebre sindacalista e studioso del giornalismo.

Del resto si tratta di una storia tutta dentro al mondo del giornalismo, quasi un gioco di specchi: per la copertina di un settimanale un giornalista fotografa l’impiegata di un giornale, a sua volta prossima moglie di un giornalista, sul tetto di una redazione, mostrando la prima pagina di un quotidiano, foto che viene riproposta sullo stesso quotidiano e altri innumerevoli giornali per 70 anni.

Il gioco di specchi si complica di ulteriori rifrazioni - come peraltro i giochi di specchi tendono a fare - se osserviamo lo scatto 19 del rullino 1124:

Dettagli dei provini a contatto di Federico Patellani conservati presso il Museo di Fotografia contemporanea. © Studio Patellani courtesy Regione lombardia / Museo di Fotografia Contemporanea — A destra manifesto “Votate per la monarchia”; nell’originale di Patellani mancava la principessa Maria Gabriella (in piedi accanto a Umberto nel manifesto) che fu aggiunta con un fotomontaggio.

i giornali murali con i risultati del referendum coprono solo in parte il manifesto «Votate per la monarchia», con la foto di Umberto di Savoia, Maria José e i principini sorridenti nei giardini del Quirinale. Quella immagine, che avrebbe dovuto essere il simbolo dell’Italia monarchica, era anch’essa di Federico Patellani, parte di un servizio realizzato a Roma poche settimane prima del voto.

D’altra parte, ricorda Aldo sorridendo, suo padre, l’autore dell’icona della repubblica, «era monarchico».

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Una versione leggermente abbreviata di questo servizio è apparsa sul domenicale di Repubblica il 24 aprile 2016 e su Repubblica.it, con un commento di Michele Smargiassi.

Ringraziamo sentitamente Manuela e Gabriella Nasi: senza il loro amichevole aiuto questo pezzettino di Storia sarebbe rimasto ignoto. Grazie anche ad Aldo Patellani, per la cortesia con la quale ci ha parlato e ha autorizzato la riproduzione delle immagini delle quali detiene i diritti. Grazie inoltre a Kitti Bolognesi, a Giovanna Calvenzi e al Museo della Fotografia contemporanea della Regione Lombardia per l’aiuto prestato.

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Mario Tedeschini-Lalli

Antico giornalista. Consulente di editoria digitale. Docente di Giornalismo digitale. Studioso di Storia contemporanea. Blog (2003/18): http://bit.ly/blogmario