L’Archivio storico della Stampa offline. Tornerà disponibile il 15 febbraio
La Regione Piemonte prepara una nuova interfaccia al posto dell’obsoleto Flash. Ma ci sono anche problemi legali di “diritto all’oblio”
Dal pomeriggio di martedì scorso, 15 dicembre 2020, chiunque si affacci al sito che ospita l’archivio storico della Stampa trova solo un cartello che, senza molte spiegazioni, dà appuntamento al 15 febbraio 2021. Per un paio di mesi non sarà possibile effettuare ricerche sugli oltre 12 milioni di articoli e 1.761.000 pagine pubblicati dal giornale fra il 1867 e il 2005. Nel frattempo, la Regione Piemonte, che dell’archivio è proprietaria, testerà e installerà una nuova interfaccia, in sostituzione del vecchio Flash Player, che andrà in soffitta il 31 dicembre.
AGGIORNAMENTO 23.2.21: L’archivio storico della Stampa è di nuovo disponibile. Leggi: “Un secolo e mezzo di Storia di nuovo online”.-
L’articolo con il quale alla fine di novembre avevamo riferito del problema della obsolescenza tecnologica del sito ha suscitato diverse reazioni. C’è stato un appello di oltre tremila docenti universitari, bibliotecari e archivisti “per salvare l’archivio storico della Stampa”, ma anche iniziative individuali per scaricare l’intero archivio e ricararicarlo altrove [v. sotto].
Il 14 dicembre il presidente della regione Piemonte Alberto Cirio e la titolare dell’assessorato alla Cultura Vittoria Poggio hanno assicurato ai sottoscrittori dell’appello che l’archivio non andrà perso, ma hanno contestualmente annunciato che oltre al problema dell’interfaccia obsoleta da sostituire, esistono altre “difficoltà” dal punto di vista della “gestione informatica” dell’archivio. In particolare una questione di sicurezza e una — più preoccupante per come è stata descritta — relativa al cosiddetto diritto all’oblio.
La lettera è stata accompagnata da un comunicato stampa dell’assessore Poggio che annuncia la temporanea sospensione della consultazione online dell’archivio e assicura che la piattaforma sarà nuovamente consultabile entro la prima metà di febbraio 2021.
Anche nel comunicato si fa cenno alla necessità di provedere a “nuovi sistemi antintrusione” e a “una nuova indicizzazione nel rispetto delle norme sulla privacy, in particolare quello del diritto all’oblio che tutela chi non vuole più vedere riportato il proprio nome nelle cronache del passato”.
Un portavoce dell’ufficio dell’assessorato alla Cultura ci ha spiegato che le questioni dell’Archivio storico della Stampa saranno affrontate in diverse fasi, che saranno gestite dal CSI, l’ente che cura i servizi digitali della regione Piemonte e che già ospita e manutiene i server dell’archivio:
- entro il 15 febbraio la vecchia interfaccia di ricerca costruita in Flash, sarà sostituita con una open source e il servizio tornerà aperto al pubblico, fornito di una adeguata protezione dal rischio di intrusioni informatiche in altre parti dei sistemi regionali;
- ci sarà quindi un’attività di migrazione verso una nuova piattaforma;
- saranno quindi affrontati i problemi della “privacy” e del “diritto all’oblio”. Negli anni scorsi, infatti, l’archivio è stato oggetto di “numerose cause” di persone che si ritenevano danneggiate dalla presenza in archivio di vecchi articoli ormai superati e che sostenevano che la messa online del servizio equivaleva a una ri-pubblicazione dei pezzi. La nuova organizzazione dei materiali dovrebbe consentire di adeguare la ricerca “ai parametri attuali” dettati dalle norme.
Questo del diritto all’oblio sembra un problema piuttosto ingombrante. Spiegano il presidente Cirio e l’assessore Poggio ai sottoscrittori dell’appello:
“…alcune persone, le cui ragioni sono state riconosciute valide, hanno infatti richiesto di veder cancellati gli articoli che riportavano i loro nominativi ed i fatti loro relativi; per tale motivo stiamo procedendo ad una nuova indicizzazione dell’archivio, utile al rispetto delle norme sulla privacy”
Non siamo a conoscenza del numero e dei termini esatti delle cause intentate all’archivio, ma il riferimento delle autorità regionali a una possibile cancellazione degli “articoli che riportavano i loro nominativi ed i fatti loro relativi” è piuttosto inquietante.
La celebre sentenza Google Spain della Corte di giustizia europea stabilì nel 2014 che a certe condizioni i motori di ricerca erano tenuti a “sopprimere, dall’elenco di risultati che appare a seguito di una ricerca effettuata a partire dal nome di una persona, dei link verso pagine web pubblicate da terzi e contenenti informazioni relative a questa persona”, ferma restando la liceità della pagina web in questione e la sua accessibilità in altri modi o con altre chiavi di ricerca. Sulla sentenza Google Spain si fondano le recenti interpretazioni del c.d. “diritto all’oblio” nello spazio europeo.
Da questo punto di vista, una eventuale decisione giudiziaria relativa a un articolo dell’Archivio storico della Stampa dovrebbe comportare, al massimo, la de-indicizzazione di quel contenuto rispetto al nome della persona interessata, non la cancellazione totale o parziale del contenuto stesso. Diciamo “al massimo” perché, a quanto consta, l’archivio non è indicizzato da Google, è possibile cioè scoprirne i contenuti solo effettuando una ricerca ad hoc all’interno dell’archivio stesso.
Alcune giurisdizioni italiane, sono però giunte a conclusioni assai più drammatiche per quanto riguarda la funzione degli archivi giornalistici, spingendosi ad affermare che le informazioni hanno una scadenza e quindi in certi casi è doveroso cancellare i file digitali relativi.
In altro contesto qualche anno fa abbiamo sostenuto che “la libertà di stampa nell’ambiente digitale comprende la libertà di ‘pubblicare per il futuro’ e che limitarla o comprimerla mette a rischio la libertà di espressione”. È chiaro che un archivio storico proprietà di una Regione non ha le stesse possibilità di gestione redazionale e legale di un editore propriamente detto, necessarie per una battaglia in favore di un equilibrio tra i diritti di riservatezza di un individuo e il generale diritto di fornire e ricevere informazioni in libertà. Speriamo, però, che la nuova struttura dei dati e la nuova indicizzazione dell’archivio siano costruite e poi gestite avendo presenti questi rischi e per affermare questi principi.
Nelle more, come si è detto, per “salvare l’archivio” si stanno muovendo anche alcuni privati cittadini. Come riferisce Maurizio Codogno sul suo blog, alcuni
volontari hanno scaricato l’intera collezione dell’Archivio storico della Stampa e la stanno caricando su Internet Archive, la più grande organizzazione senza scopo di lucro dedicata alla conservazione dei materiali digitali. Il caricamento dovrebbe essere ultimato nel giro di pochi giorni e successivamente i giornali saranno sottoposti ai programmi OCR per estrarne i testi e renderli così interamente ricercabili.
L’Archivio era stato publicato nel 2010 secondo una licenza Creative Commons, in particolare la licenza “CC-BY-NC-ND-IT 2.5” che consente la riproduzione dei materiali a condizione che se ne indichi l’autore (“BY”), che non se ne faccia un uso commerciale (“NC”) e non ne siano tratte opere derivate (ND). Codogno ha ritrovato, proprio su Internet Archive, la pagina che spiegava i termini della licenza dell’Archivio storico della Stampa, che era un testo piuttosto confuso. Ad ogni buon conto, chi sta caricando l’archivio storico su Internet Archive ha precisato di essere “disponibile a cedere questa utenza a eventuali detentori di diritti o legittimi possessori di immagini master intressati a migliorare la collezione”.
Appuntamento al 2021.
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Dei complessi problemi relativi ai diritti di riproduzione dei giornali, avevamo accennato qui: Copyright, illusioni e realtà nel giornalismo italiano.